L’edilizia scolastica rappresenta un pilastro cruciale non solo per il sistema educativo, ma per la società tutta e per i suoi valori fondanti. Rappresenta infatti un “indicatore” dell’attenzione riservata alle nuove generazioni, al loro futuro, alla loro esperienza didattica, fornendo un ambiente sicuro, accessibile e tecnologicamente avanzato.
Tutte le analisi più recenti, tuttavia, mostrano la necessità di intensificare gli interventi per l’adeguamento e la messa in sicurezza degli edifici scolastici. L’ultimo in ordine di tempo, quella realizzata da Legambiente e presentata ieri a Napoli.
Dai dati raccolti da Legambiente nell’ambito del report annuale *Ecosistema scuola*, emerge una situazione critica per l’edilizia scolastica italiana: il 33% degli edifici richiede interventi di manutenzione urgenti, una percentuale che sale al 50% nelle regioni del Sud e nelle Isole. In un Paese con una parte significativa di edifici scolastici costruiti prima dell’entrata in vigore delle normative antisismiche, e con il 33% delle scuole situate in zone sismiche, la necessità di agire tempestivamente appare evidente.
Significativi anche i divari tra Nord e Sud. Solo il 68,8% delle scuole del Nord è in possesso del certificato di agibilità, mentre al Sud la percentuale scende al 22,6%. Anche sul fronte dell’inclusività, il 61% delle scuole delle Isole ha adottato accorgimenti per l’abbattimento delle barriere architettoniche, rispetto all’80,2% della media nazionale. Critica è anche la situazione del collaudo statico: mentre nel Nord è effettuato mediamente in una scuola su due, nel Sud la percentuale si riduce al 27,6%, nonostante la zona sia particolarmente soggetta a rischi sismici.
I dati forniti dal Ministero dell’Istruzione per l’anno scolastico 2022/23, confermano questo quadro poco confortante: oltre il 50% degli edifici scolastici attivi è stato costruito tra il 1950 e il 1992. In questo periodo, l’Italia ha visto un’espansione dell’edilizia scolastica in risposta al boom economico del dopoguerra e alla necessità di consolidare il sistema educativo per favorire l’integrazione sociale e economica del Paese. Il picco di costruzioni si è registrato tra gli anni ’60 e ’70, un periodo cruciale per l’espansione delle infrastrutture scolastiche.
La grande stagione dell’edilizia scolastica si registra però tra il 1958 e il 1983: ha portato alla costruzione di oltre 800 nuovi edifici all’anno.
Molte di queste strutture necessitano oggi di interventi di adeguamento per rispondere agli standard di sicurezza attuali, in particolare per quanto riguarda la normativa antisismica e antincendio.
Gli anni ’90 hanno infatti rappresentato un importante spartiacque per l’edilizia scolastica italiana, con l’introduzione di nuove normative che hanno definito le competenze locali e nazionali in materia.
La quota di edifici costruiti dopo il 1997 è estremamente limitata: circa il 10% del totale. Solo una minima parte degli edifici scolastici è stata costruita dopo il 2018, una cifra inferiore all’1%, con notevoli differenze regionali: ad esempio, il 4,2% in Valle d’Aosta e solo lo 0,1% in Sardegna.
La necessità di modernizzare le scuole diventa evidente anche nei dati relativi all’efficienza energetica: solo il 30% degli edifici scolastici possiede una certificazione energetica, con una larga parte (34,8%) ferma in classe G. Inoltre, solo il 16,2% delle scuole ha beneficiato di interventi di riqualificazione energetica negli ultimi cinque anni.
Nonostante alcuni progressi, la situazione degli edifici scolastici rimane quindi insoddisfacente. Circa una scuola su tre richiede interventi di manutenzione urgenti, con situazioni particolarmente critiche nel Sud e nelle Isole, dove una scuola su due necessita di interventi immediati.
Un’importante occasione di intervento deriva indubbiamente anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che destina risorse significative all’istruzione, per un totale di circa 19 miliardi di euro, che includono interventi di costruzione di nuove scuole e riqualificazione delle strutture esistenti. Tuttavia, al 31 dicembre 2023, solo il 17% delle risorse è stato effettivamente speso, un dato preoccupante che sollecita un’accelerazione nell’utilizzo dei fondi. Ad oggi gli investimenti destinati alla realizzazione o riqualificazione delle strutture scolastiche sono fermi al 33,39%, laddove la percentuale di completamento prevista al 30 settembre scorso, ieri, era del 71,94%.
“Sono dati che destano forte preoccupazione – commenta il presidente di Federcepicostruzioni, Antonio Lombardi – e impongono una brusca accelerazione per evitare di perdere opportunità vitali per il futuro delle nuove generazioni. L’edilizia scolastica, in particolare, necessita di un impegno urgente per garantire scuole sicure, moderne e sostenibili, in grado di rispondere alle sfide educative dei prossimi decenni. È fondamentale che le istituzioni, a tutti i livelli, lavorino in modo coordinato per garantire scuole sicure, moderne e accessibili a tutti. L’investimento nell’edilizia scolastica non rappresenta solo un’opportunità economica, ma una priorità strategica per il futuro del Paese. La scuola è il cuore pulsante della società e dotarla di infrastrutture adeguate significa investire nel benessere e nello sviluppo delle future generazioni”.
Il divario tra Nord e Sud in termini di manutenzione, sicurezza ed efficienza energetica richiede interventi mirati e urgenti. L’investimento nell’edilizia scolastica non rappresenta solo un’opportunità economica, ma una priorità strategica per il futuro del Paese. Dotare la scuola italiana di infrastrutture adeguate significa investire nel benessere e nello sviluppo delle future generazioni.
“La nostra proposta – conclude il presidente Antonio Lombardi – è quella di promuovere forme di cogestione delle infrastrutture scolastiche che ne favoriscano i programmi manutentivi e nel contempo promuovano la fruibilità di almeno parte degli spazi e delle aule, anche negli orari pomeridiani o nei mesi estivi, nell’ottica di un sostegno delle classi sociali più deboli, di programmi di integrazione tra generazioni, ma anche tra culture differenti”.