martedì 23 Aprile 2024
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Osservatorio Mercato Immobiliare – dati Nomisma

Secondo i dati dell’Osservatorio sul Mercato Immobiliare – marzo 2018 di Nomisma, nella scelta di acquisto della casa, le famiglie italiane valutano in primo luogo i bassi costi di gestione dell’immobile, poi il comfort degli ambienti, la sicurezza, infine i servizi comuni.

Al primo posto i bassi costi di gestione e di manutenzione ordinaria della casa, seguiti dal comfort degli ambienti e dalla sicurezza. Poca importanza viene invece data alle “dotazioni comuni”.

 Secondo Nomisma, l’interpretazione della domanda immobiliare è un passaggio obbligato per orientare la nuova offerta edilizia e per evitare gli errori fatti in passato. Non è un caso che una parte rilevante dell’offerta non soddisfa le esigenze sia della componente di domanda solvibile, diventata sempre più selettiva, che di quella generica. In questo senso vanno letti gli investimenti in riqualificazione del patrimonio abitativo, che rappresentano il 38% del valore degli investimenti in costruzioni del 2017.

 Le famiglie consumatrici italiane sono proprietarie di circa l’81% del patrimonio residenziale utilizzato come abitazione principale o tenuto a disposizione come seconda casa, per un controvalore complessivo di 4.632 miliardi di euro.

 Il deprezzamento che ha colpito l’abitazione in occasione della fase congiunturale negativa ha comportato una perdita di valore della ricchezza reale in abitazioni del 7% negli ultimi 5 anni (variazione desunta dalle statistiche Istat sulla ricchezza reale e finanziaria di entità contenuta se confrontata con le statistiche Nomisma, da cui risulterebbe un calo di valore del patrimonio del 16%).

 Per Nomisma, la perdita di potere contrattuale delle famiglie e le diseguaglianze tra gruppi sociali si riflettono in un’accentuata segmentazione della domanda abitativa. Non è un caso infatti che “la precarietà delle prospettive di rendimento associata alla gravosità del carico fiscale e alla erosione della ricchezza immobiliare abbiano negli ultimi anni indotto i risparmiatori a privilegiare altre forme di impiego”.

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